Inverni di un bleniese

Inverno di alcuni anni fa (foto Tarcisio Cima) Inverno di alcuni anni fa (foto Tarcisio Cima)
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di Vilmos Cancelli

Gennaio 1945. Mancano tre settimane al termine, ma il travaglio è ormai iniziato, all’improvviso. Tutto va molto veloce. Nevica forte, e l’unico in paese che possa portare la mamma ad Acquarossa con un mezzo motorizzato sta finendo il quarto merlot e non sembra essere intenzionato a lasciare l’osteria per mettersi al volante, con quel tempaccio. Qualcuno propone di usare la moto dello zio, ma nessuno prende l’idea davvero in considerazione.

E così è nato a casa, accanto al camino, in una nevosa notte di gennaio.

Febbraio 1951. La neve fuori è tanta. Ha continuato a scendere per qualche giorno senza fermarsi e adesso il paese sembra immobile, sotto tutto quel bianco. Mentre il cielo si rischiara, l’unico movimento è dato dal fumo che esce dai comignoli. Il papà ci dà dentro con la pala, spazza la neve davanti all’uscio fino al carrale. Il rumore del ferro sulle piode è ovattato, come le voci dei compaesani – attrezzati allo stesso modo – intenti anche loro a liberare le stradine dalla neve che impedisce di passare: parlano di quel che è successo ad Airolo, che disgrazia. Anche la mamma esce con una pala in mano, dopo che ha finito di preparare i figli.

Lui è il primo ad uscire, seguito dalle due sorelle maggiori e dal fratello più piccolo. Sono imbacuccati, ma nulla di ciò che indossano è impermeabile. Ogni passo è un inconfondibile scricchiolio: è il suono della felicità. La mattina la passano così, immersi nella neve che penetra tra le fibre degli indumenti. La sentono sulla pelle, ma non hanno freddo, presi come sono dai loro giochi. Rientrano in casa con le mani gelate e i nasi rossi, si tolgono i vestiti fradici accanto al fuoco. Chissà se anche dopo mangiato potranno uscire, che il pupazzo non è ancora finito. Addormentarsi la sera non è difficile, nella stanza fredda. Due letti per quattro bambini. Sotto la coperta che condivide con il fratellino, testapiedi, si scalda in fretta. Il vetro della finestra è gelido; si riempie presto di condensa che durante la notte formerà un sottile strato di ghiaccio.

Febbraio 1956. La Davos è un costante oggetto di contesa. Scendono senza frenare giù per il ronco dove in primavera e in autunno portano le loro tre mucche a pascolare. A furia di su e giù, si fa una vera e propria pista, su cui i pattini della slitta scivolano veloci. Li raggiungono gli amici; uno ha portato un paio di piccoli sci di legno, che si allacciano agli scarponcini con dei lacci di cuoio. Il fratellino gli dice di fare attenzione, ma lui non lo ascolta.

Il giorno dopo ci sarà la mazza. I preparativi fervono, e in casa c’è un gran trambusto. Attende con ansia questo giorno, ma la mamma ritiene che certe scene, per ora, è meglio evitarle. È comunque divertente rendersi utili a insaccare i salami, le luganighe e le mortadelle. La sera, riscaldandosi accanto al camino, si raccontano la giornata trascorsa insieme. Il papà legge una lettera appena arrivata da una città lontana: lo zio sta bene, il lavoro non manca, tornerà in primavera e probabilmente non ripartirà più. Assieme alla lettera di risposta, nei prossimi giorni forse gli spediranno un paio di luganighe.

Gennaio 1969. Sulla seggiovia che porta a Cancorì fa un freddo cane, ma i dodici minuti di quel viaggio traballante valgono tutto il prezzo della giornaliera. Si diverte come quando era bambino, a far su e giù con i suoi sci, gli attacchi a molla e gli scarponi di cuoio. Gli sciatori sono sempre più numerosi, alcuni vengono da fuori valle; qualcuno indossa degli scarponi di plastica. Si respira una certa euforia, si percepisce chiaramente che i tempi stanno cambiando. Parlano di una nuova seggiovia, che porterebbe addirittura alla Bassa di Nara. E poi di altre stazioni sciistiche che potrebbero sorgere nei prossimi anni… Gariva, Dötra… Le prospettive future permettono di sognare.

La incontra sulle piste, è di Bellinzona. Scia, ma si vede che non ha la sua stessa passione. La invita per un pomeriggio a carnevale, parlano, si piacciono. Chissà se sarebbe disposta a seguirlo in valle?

Dicembre 1975. Aspetta con trepidazione l’arrivo dell’inverno e della seconda figlia, che dovrebbe nascere tra marzo e aprile. Forse ad aprile ci sarà ancora neve, pensa, come quest’anno. Chi se l’aspettava che nevicasse così tanto per Pasqua? E chi poteva immaginare una valanga di quella portata? Povera gente…

Intanto, la casa nuova è finalmente pronta. Una camera per ogni figlia, doppi servizi, caldaia a nafta e un termosifone in tutti i locali. Non devono nemmeno aprire le finestre per chiudere le gelosie. Come si dorme bene, dietro a quei vetri doppi. Il camino, quello, c’è sempre.

Gennaio 1984. Adesso tocca a lui spalare la neve dal vialetto di casa. Quella fatica non gli pesa particolarmente, ma quando il vicino gli propone di dividere la spesa per comprare uno spazzaneve a motore, lui si lascia convincere facilmente. Un investimento per il futuro, si dicono.

Le bambine ormai sciano senza paura, nelle loro tute sgargianti. In televisione vedono Michela Figini e Maria Walliser e vogliono diventare come loro. Se la cavano su qualsiasi pista e spesso lo lasciano indietro. Lo aspettano in fondo alla pista, già incolonnate per il prossimo giro di skilift. Ma quando le raggiunge, con il fiatone e le gambe dure, è felice.

Dicembre 1997. È affezionato ai suoi vecchi sci. Vecchi per modo di dire… un paio di dignitosissimi Rossignol comprati una decina di anni prima: un metro e ottantacinque, dritti come perline. La secondogenita da qualche anno è passata allo snowboard, e a quello non ci pensa neanche lontanamente. Ma la maggiore non fa che parlargli di carving; insiste, dice che cambia tutto. È tentato dall’acquisto. La moglie lo guarda, gli sorride e lo incoraggia, lei che già da qualche anno ha abbandonato i suoi sci in un remoto cantuccio del garage. Li compra, li prova: ci volevano proprio.

Al Nara ci sono le nuove seggiovie, con la copertura per quando fa troppo freddo e tira vento. Ci volevano, pensa.

Ma la neve fa sempre più fatica a cadere, e per le stazioni sciistiche le cose si fanno ancor più complicate. Addirittura a Campo hanno preso dei cannoni per produrre la neve artificiale. Ci volevano, pensa.

Gennaio 2010. Trentacinque anni non sono così pochi, per una casa. Fatti i calcoli, la decisione è presto presa. Via la caldaia a nafta che puzza e non si sa dove va a finire il prezzo del petrolio; in arrivo una termopompa di ultima generazione, un bel cappotto, qualche pannello solare sul tetto, serpentine al posto dei termosifoni. Ora in ogni angolo della casa si sta bene, dietro i tripli vetri delle nuove finestre. Gli propongono pure di togliere il caminetto, giusto per guadagnare un po’ di spazio, o di sostituirlo con una stufa a pellet che si accende da sola. Declina: il fuoco gli tiene ancora compagnia, mentre guarda il telegiornale o smanetta con il tablet.

Intanto anche i nipotini iniziano a mettersi gli sci ai piedi. Il genero è un istruttore di sci di fondo; per cui spesso passano i sabati o le domeniche a Campra. Quando fanno ritorno a casa, giù nel Sottoceneri, si fermano sempre a trovarli, ed è bello far merenda accanto al camino acceso. Lui vorrebbe portarseli con sé per una sciata, fargli vedere come viene ancora giù il nonno; ma le occasioni sono sempre più rare, come più rari sono gli inverni abbondanti di neve. Qualche volta passa il Lucomagno: bene o male di là si riesce sempre a sciare.

Ora lo spazzaneve a motore è in vendita su Tutti.ch. Ovviamente condividerà l’eventuale ricavato con il vicino.

Dicembre 2025. Nevica. Non così spesso, non così tanto, ma nevica. E lui la aspetta, la neve, come la aspettava da bambino, da ragazzo o da padre. È una parte di sé, come lo è per tanti suoi convallerani. E ogni volta ritroverà, in quell’inconfondibile scricchiolio sotto le suole, ancora un po’ di felicità.

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